In un mondo di superficialità, in cui si cerca il piacere per il piacere e l’edonismo capriccioso, in un mondo dove i ragazzi sono distratti continuamente da mille tentazioni e provocazioni, se un giovane sceglie pubblicamente dinanzi alla Chiesa di volere Gesù come unico bene della sua vita, non si può non gioire, non si può non sperimentare l’esultanza dello spirito»: un piccolo passaggio dell’omelia di Mons. Pasquale Mainolfi che ben sintetizza il clima “vocazionale” e di gioia che ha caratterizzato il quarto giorno della novena.
Domenica 22 settembre 2019, infatti, i novizi Felice Piemontese ed Emanuele Marino hanno emesso per la prima volta i voti religiosi; accanto a loro i due seminaristi, Pier Paolo Latini e Jarek Lechocinski li hanno rinnovati: dinanzi a P. Raffaele Gadek, i giovani micheliti hanno espresso il desiderio e l’intenzione di affidare la propria vita a Dio nel servizio della Chiesa e della Congregazione di San Michele Arcangelo, promettendo, ai piedi dell’Angelico Patrono, di osservare i voti di povertà, castità e obbedienza.
Una celebrazione davvero toccante, in cui vibrante è stata l’emozione dei consacrati e dei loro genitori e parenti: «Rendiamo grazie per la grandezza di Dio, che si è abbassato su di voi, e per la bellezza del “sì” che, come Maria, Madre di tutti i consacrati, voi avete detto dinanzi al Signore», ha ancora aggiunto il predicatore.
Al termine della Santa Messa, animata dalla Parrocchia “Sacro Cuore di Gesù” di Monte Sant’Angelo – in cui novizio Felice ha vissuto e ha scoperto la propria vocazione – il neo eletto Superiore provinciale ha confidato di sentirsi anch’egli un “novizio” e di aver tremato «come una foglia davanti al mistero di Dio accogliendo ciò che Lui ha dato a voi: la grazia di essere suoi».
Grande la partecipazione di fedeli che, assieme ai numerosi sacerdoti Micheliti e ai parroci di Monte Sant’Angelo, hanno fatto da corona a questo speciale momento da tutti inteso e auspicato come un primo passo del cammino che porterà questi ragazzi a ricevere il sigillo sacerdotale.
Oggi si festeggia presso il Santuario di Castel Sant’Elia, la Patrona della Diocesi di Civita Castellana, Maria Santissima “ad Rupes”. Alla solenne concelebrazione nella Basilica di San Giuseppe, hanno partecipato un elevato numero di sacerdoti, tra i quali il neo Superiore Provinciale della Provincia italo-svizzera della Congregazione di San Michele Arcangelo Padre Raffaele Gadek.
Sua Ecc. Rev.ma Mons. Romano Rossi ha benedetto e ha incensato l’effigie miracolosa della Vergine Maria e guidato la processione per le vie di Castel Sant’Elia. Quest’anno, è stata realizzata la nuova struttura lignea della macchina, trasportata a spalla tra le vie cittadine dagli aderenti alle Confraternite dei Santi Protettori - San Anastasio e San Nonnoso - e quella della Madonna di Loreto. Il corpo bandistico musicale di Castel Sant’Elia ha eseguito brani musicali di accompagnamento.
È stata l’omelia del Vescovo della Diocesi Mons. Romano Rossi, a offrire ai fedeli intervenuti spunti di riflessione sulla solenne celebrazione.
“Cosa vuol dire festeggiare il santo nome di Maria? Festeggiamo la relazione, il nome è relazione. Riscopriamo la relazione con un Dio che chiama per nome. Anche all’altare tra gli sposi, ci si chiama per nome. Il nome è una chiamata. Noi ci sentiamo chiamati? La relazione con Maria fa la differenza. Impariamo a riconoscere quella voce che ti chiama per nome. La fede è una storia con una chiamata ed una risposta. Quanti di noi imbarazzati davanti a Maria chiediamo una relazione, un incontro, una risposta ad una promessa, uno scambio di sguardi? Vivo la relazione con uno scambio bilaterale? Come faccio a scoprire se Dio mi chiama? Si percepisce questa voce? Diventare cristiani significa imparare a riscoprire quella voce che tra tutte le voci ti vuole per sè.”
Un particolare ringraziamento, è stato elargito dal Vescovo ai presenti sindaci e alla sezione civitonica dell’UNITALSI ed ai sacerdoti intervenuti in maniera massiccia.
A conclusione, il rettore del Santuario Padre Stanislao Zurad ha espresso la sua profonda gratitudine per la partecipazione a tutti i presenti, nessuno escluso a questo importante appuntamento religioso per tutta la Diocesi.
Il 13 agosto, come ogni mese al termine della veglia mariana in onore di Maria ad Rupes è stato presentato un opuscoletto per ricordare l’eremita fra Giuseppe Andrea Rodio.
Già dalla fine del XVII secolo, forse anche dei vostri antenati hanno elevato a Maria orazioni e suppliche, grazie all’eremita e primo custode della grotta Frà Andrea Giuseppe Rodio, del quale come sapete, si celebra quest’anno il bicentenario della sua scomparsa proprio qui a Castel Sant’Elia. Egli riposa a fianco all’altare della Madonna, quasi a venerarLa e custodirLa perpetuamente. Tutti hanno beneficiato della immensa valorizzazione del Santuario. Grazie alla sua fede e perseveranza, protetto dalla Madre Celeste, non ci sarebbe questo sagrato forse la stessa grotta e non saremmo tutti noi oggi qui. Non ci sarebbe stata la scalinata, che con uno scopo ben preciso Rodio ha scavato: consentire a tutti - peccatori e non - di accedere alla grotta per venerare l’immagine di Maria, diffondere oltre il possibile la fede ed il culto di Dio e di Maria Santissima delle Rupi, come ogni discepolo di Cristo. Come noi e prima di noi, i cittadini di Castel Sant’Elia e decine di milioni di fedeli negli anni hanno reso omaggio all’immagine miracolosa di Maria, patrona di questa diocesi. Non a caso, quest’anno il calendario annuale del Santuario offre spunti di riflessione grazie ai fedeli che prima di noi hanno chiesto alla Madre suppliche e protezione.
Nell’opuscolo che il Santuario ha stampato per tenere viva la memoria dell’eremita è descritta grazie agli appunti del suo padre confessore, la vita, la passione, la devozione e la fede che il frate ebbe come dono. Vi esorto a leggerlo, a diffonderlo, a meditarlo, perché in questo sunto risalta la purezza della sua vita eremitica, la passione nella fede e la perseveranza che, con l’aiuto del Signore tutto si può realizzare., proprio come testimoniano le opere la sua vita terrena. Inoltre le orazioni scritte dal frate sono inni di devozione alla Madre Celeste.
Per maggior informazione, fra Giuseppe Andrea Rodio nato povero, non ebbe nessun tipo di istruzione. Imparò tutto da solo. Ed ebbe come dono la grazia.
Il libretto realizzato è disponibile presso il Museo ex voto, situato nel sagrato antistante la Grotta della Madonna, o presso la portineria del Santuario. È anche disponibile previa richiesta, invio tramite posta ordinaria.
Vedi le foto: Fra Giuseppe Andrea Rodio e l’esercizio delle sette Allegrezze di Maria